A ormai un anno e mezzo dall’uscita della nostra prima app (Art Stories Castello Sforzesco), abbiamo raccolto svariati elementi che ci fanno felici. Il lavoro per costruire le nostre prime release è stato lungo, pieno di errori, ingenuità e ripensamenti. Progettare app per bambini comporta un tortuoso processo creativo e di selezione di contenuti che ci ha messe a dura prova. I risultati sono sullo store, a disposizione di tutti.
Ma come si valuta il successo di una app?
Dal numero dei download? Dal fatturato? Dal numero di volte in cui è stata featured sullo store? Da quanto i bambini ossessivamente ci giocano? La discussione su questo è aperta: le domande qui sopra rispecchiano una lunga serie di parametri di valutazione che sono applicati nel wild west delle app, per bambini e non. Sono tutti parametri che hanno un significato e un valore.
Ma a noi, esattamente, cosa interessa?
Abbiamo cominciato a pensare ad Art Stories con in testa l’obiettivo di creare uno strumento accessibile ed economico che aiutasse genitori, insegnanti, insomma adulti in giro con i bambini per fare turismo in città, a costruire delle esperienze di visita soddisfacenti per entrambi.
Ci siamo perciò immaginate uno strumento ricco, da più punti di vista.
Abbiamo cercato illustratori bravi, che con garbo e delicatezza fossero in grado di trasportare i bambini in un passato remoto, senza essere stucchevoli. Andate a sbirciare sulle pagine di Cinzia Franceschini, Cecilia Negri, Roberta Ragona.
Abbiamo selezionato i contenuti cercando di raccontarli in modo diretto e articolato, senza cadere nel birignao che viene spesso utilizzato quando si parla ai bambini. Abbiamo scelto termini anche insoliti e ricercati, con l’idea che l’incontro con parole sconosciute accenda il mistero e alzi l’asticella dell’apprendimento.
Abbiamo studiato piccoli giochi e animazioni che non soverchiassero i contenuti, ma accompagnassero la scoperta in modo discreto e non invadente. Abbiamo insomma cercato di produrre degli strumenti garbati, che piacessero ai bambini e anche agli adulti che li usano con loro. Ci siamo riuscite? C’è di certo ampio margine di miglioramento, e a ogni app ci accorgiamo di possibili migliorie e di modifiche e di ostacoli che ci tengono lontane dalla app perfetta di cui vorremmo essere autrici.
Ci sono però degli elementi che ci confortano e che costituiscono per noi dei parametri di grande valore, al pari di quelli universalmente riconosciuti (e di carattere numerico, quindi con una certa intrinseca oggettività). Li volete sapere? Noi ovviamente ve li vogliamo raccontare… con un paio di esempi che però dicono molto di quello che stiamo facendo e della direzione in cui andiamo.
Agnese – in bicicletta con la mamma – indica entusiasta la pubblicità della mostra “Dai Visconti agli Sforza”, esultando dall’alto dei suoi sette anni: “Mamma, io li conosco, ci voglio andare!”. Alla legittima domanda della genitrice “Ma dove li hai sentiti?”, Agnese risponde “Da quella app che mi hai scaricato”. Cioè Art Stories Castello.
Arturo di 3 anni, al soliloquio materno “Passiamo da Bligny o da Beatrice d’Este?” corruccia le sopracciglia ed esclama “Beatrice d’ETTE? Io la conoscio”. Ed è ancora l’effetto del Castello…
Molti genitori ci hanno mandato mail e piccoli video clip dei loro bambini che recitano parti delle app, e ci hanno segnalato di essere poi stati costretti a recarsi sul posto per verificare in prima persona se quello che le app mostravano fosse veramente così.
Non è un parametro matematico ed è difficilmente misurabile, ma per ogni domanda (o per ogni risposta) che grazie ad Art Stories un bambino si fa davanti a un luogo d’arte, a un’opera, a un personaggio storico, noi incidiamo una tacca immaginaria che misura il successo educativo che vorremmo avere.
A breve, con la nuova serie, vi raccontiamo come cercheremo di raggiungere anche bambini che non sono normalmente esposti a mostre e musei. Buon 2016, e stay tuned!