Digitale e bambini: il dibattito impazza

Lavoriamo ormai da anni alla costruzione di app che aiutino a osservare e capire il mondo. Ci mettiamo dentro le cose che ci appassionano e che ci piacciono, e non finiamo mai di farci domande di varia natura sul lavoro che stiamo svolgendo e sul suo senso. Su questo ci siamo confrontate con Maria Elena Colombo che si occupa da molti anni di musei e digitale. Con lei abbiamo lavorato vagliando fonti, dubbi e punti di vista per capire dove si trovi oggi la discussione su bambini e digitale, senza indulgere nei termini apocalittici che spesso la contraddistinguono.

E abbiamo capito che la questione può essere articolata su alcune domande centrali, che ci aiutano a inquadrare il dibattito e permettono la costruzione di una tassonomia di tutti i materiali letti e analizzati.

Cominciamo affrontando il tema nettamente prevalente, ovvero lo “screen time” cioè quanto tempo è opportuno che i bambini trascorrano davanti allo schermo.

Negli Stati Uniti, che hanno preceduto l’Europa nella diffusione di reti e device, l’associazione pediatri americani (AAP, American Academic of Pediatrics) ha avanzato precocemente una regola molto semplice, detta del “2×2”: nessun utilizzo di device digitali prima dei due anni, e due ore al giorno al massimo negli anni successivi.

Senza alcuna ulteriore specifica.

Nell’ottobre del 2016, probabilmente cercando di tenere il passo con l’evoluzione sociologica del fenomeno che ha visto l’inserimento in casa di diversi device e piattaforme in tempi davvero veloci, l’AAP è tornata sul tema rivedendo le proprie posizioni e riproponendole con una articolazione diversa e con uno sguardo al contesto.

In sintesi, a seconda delle fasce di età:

  • nessun utilizzo prima dei due anni;
  • dai 2 ai 5 anni utilizzo per meno di un’ora al giorno, alla presenza dei genitori;
  • per i maggiori di 6 anni si raccomanda di costruire un piano e delle regole, verificando che il digitale non sottragga tempo al sonno, al gioco, alla conversazione e all’attività fisica (tanto da fornire un tool on line per poter effettuare una valutazione chiarissima).

La modifica più rilevante pare essere quella che riguarda il contesto e il coinvolgimento della famiglia; vi si caldeggia la costruzione di un piano personalizzato per ciascuna famiglia, con regole che valgano anche per gli adulti, e un momento chiamato “media free time”. Uno snodo fondamentale del documento è certamente nell’esplicitazione del ruolo dei genitori: non produttori di regole (e poi quindi cerberi controllori del loro rispetto) ma mentori, guide in un percorso.

Mancano ancora all’appello indicazioni sulla formazione di una cultura nei genitori, che consenta loro di essere guide consapevoli: la generazione di chi è nato poco prima o intorno agli anni 2000 ha alte probabilità di avere genitori che davvero non hanno avuto modo di costruirsi delle competenze sufficienti in merito, o addirittura non hanno nessuna dimestichezza con il digitale (si rammenti la lucidità di Tomas Suarez nel enucleare il digitale divide in un illuminante intervento TED).

Molti studi e interventi si concentrano su rischi e pericoli, e pochissimo sul versante delle opportunità e sugli effetti positivi. Anche la puntata di Presa Diretta (febbraio 2017) dedicata a questo si sofferma su casi patologici molto gravi e riprende bambini di 4 anni accompagnati a giocare ai video game alla Milano Games Week, con genitori che ammettono di lasciarli a giocare sullo schermo per 4, 5, 6 ore al giorno.

Si trovano anche sul NY Times suggerimenti su come riuscire a togliere di mano un device a un bambino al termine delle ore regolamentate per lo screen time, ma non discussioni e proposte che compongano un vero e proprio manifesto di caratteristiche qualitative e di contenuto che guidino chi non ha alcuna esperienza a scremare fra mille proposte e prodotti.

Per avere un quadro più bilanciato sui rischi ma anche sulle opportunità che i digital media possono offrire ai bambini è interessante ascoltare la posizione di Sonia Livingston, ricercatrice alla London School of Economics che studia da anni l’impatto dell’uso di internet su bambini e ragazzi (che trovate ben sintetizzati in un questo breve video https://www.youtube.com/watch?v=-G9kRsc4MfE, https://www.youtube.com/watch?v=SyjbDUP1o0g).

La domanda sullo “screen time” andrebbe quindi, a nostro avviso, arricchita con altri interrogativi: tempo passato a fare cosa, con chi, su quale schermo e, non ultimo, di quale bambino stiamo parlando e in quale contesto?

Ma di questo parleremo nel prossimo post.

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Un pensiero su “Digitale e bambini: il dibattito impazza

  • Molto interessante, lo condividerò con genitori e insegnanti che stanno interrogandosi sul come diffondere ai genitori informazioni utili a generare consapevolezze e comportamenti consoni. È vero che poi, come dice l’articolo, le sfumature sono tante: quali bambini e quali contesti e non è poco. Ma abbiamo bisogno di DATI AUTOREVOLI, e almeno di alcune regole base, anche di alcuni DIVIETI chiari, di allarmi. Poi importante informare sulle potenzialità del mezzo, difendere la conoscenza di cose belle da fare con il digitale, e ce ne sono tante, moltissime sconosciute, a partire da contenuti video meravigliosi o da App utili alla crescita… grazie per continuare ad aiutarci!

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